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Relitto di Acitrezza (CT)

Nel mese di Luglio 2016, sono stati effettuati dalla Soprintendenza del Mare una serie di rilievi fotografici e prelievi di reperti sul relitto romano di Acitrezza, al fine di creare il primo rilievo tridimensionale propedeutico ai prossimi lavori scientifici. La campagna si è svolta con la collaborazione tecnica del diving “Oceano Mare” di Massimo Ardizzoni che ha realizzato le riprese fotografiche, e con il supporto logistico del diving DNA Shock di Catania. Sotto la direzione del Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa, l’archeologo responsabile di zona Philippe Tisseyre ha coordinato le operazioni di rilievo e documentazione, mentre l'elaborazione dei dati in 3D è stata realizzata da Salvo Emma. Il carico, complesso, si presenta come un cumulo di anfore di almeno cinque tipi ed è molto interessante per quanto riguarda le nuove problematiche della navigazione segmentaria nell'antichità e della redistribuzione dei carichi anforistici. Almeno due tipi di anfore rinvenute su questo relitto non sono state finora documentate in un carico (anfore globulari e di piccolo modulo). E’ prevista a breve una ricerca sugli impasti per determinare - se possibile - il tipo di argilla e la localizzazione delle fornaci di produzione. Il relitto si trova tra i 65 e gli 80 metri di profondità ed è stato segnalato per la prima volta nel 2011 da G. Camaggi e G. Tomasello; successivamente il gruppo di subacquei del team “Rebreather Sicilia”, in collaborazione con la Soprintendenza del Mare, ha effettuato la prima documentazione video fotografica dando vita al progetto “Ombre dal fondo”. Dopo i primi rilievi tecnici effettuati nel 2015, la Soprintendenza del Mare sta conducendo adesso lo studio di dettaglio del relitto e del suo carico. All’inizio del mese i luglio 2016, in collaborazione con Oceano Mare di Massimo Ardizzoni, DNA Shock di Catania e con la locale Capitaneria di Porto, è stato effettuato il recupero di due anfore al di fuori del carico principale: un’anfora Dressel 1C e un’anfora di piccolo modulo appartenente alla morfologia delle anfore greco-italiche, forse provenienti dalla zona dell’Epiro (Grecia).



Il carico più consistente è composto tuttavia da anfore greco italiche “di transizione” provenienti dalla Campania o dall'Etruria, mentre il rilievo 3D ha messo in evidenza alcune anfore del tipo lamboglia 2, già trovate in associazione su altri relitti nel Mediterraneo. Ciò potrebbe suggerire anche vari scali adriatici ma anche la presenza nelle vicinanze di Catania di un “hub” di ridistribuzione delle anfore. La datazione complessa, inerente le problematiche ancora aperte sulle anfore rinvenute, è da situare intorno alla fine del II secolo a.C. - metà I sec. a.C. Per effettuare la ricostruzione 3D sono state scattate dal fotografo subacqueo Massimo Ardizzoni oltre 1500 fotografie che hanno consentito la realizzazione di un modello tridimensionale. Da una prima elaborazione si è notata la presenza di tre zone dove non sono presenti reperti, ma ciò che in un primo tempo sembra segnalare qualche furto ad opera di tombaroli, potrebbe invece risultare la presenza di elementi del carico deperibili (casse di vimini, ecc.), interpretazione rafforzata dalla pluralità del carico. Oltre alle anfore, sono stati già individuati due ceppi in piombo con contromarra, alcune tegole e un lungo tubo di sentina (circa 4 metri) conservato sopra le anfore, sottolineando il processo formativo del relitto, rovesciato sul fondale. Lo studio in corso permetterà di ricostruire oltre al carico, la sua disposizione e le caratteristiche della nave (circa 20 metri di lunghezza e 5 ca. di larghezza), aggiungendo un tassello alla rotta delle imbarcazioni commerciali lungo la costa catanese e alla sua interportualità, sottolineando la notevole importanza di scali come quello delle Isole dei Ciclopi, citato anche nell’Eneide, probabilmente legati anche a motivi cultuali.




Nel mese di Agosto, con il supporto della Capitaneria di Porto - Nucleo Sommozzatori di Messina, un robot sottomarino a controllo remoto (ROV) ha perlustrato l’area intorno al relitto, verificando l’eventuale presenza di altre parti del suo carico. Oltre il relitto, in un’area molto più profonda rispetto al carico, sono state individuate una ventina di anfore sparse, probabilmente perse dal relitto durante la lunga discesa verso il fondo. E’possibile che una parte del carico sia stata buttata in mare al fine di alleggerire la nave in preda alla tempesta, prassi abbastanza comune nell’antichità e documentata dal celebre passo descritto da San Paolo negli atti degli Apostoli (Atti 27: 19,38). I risultati degli studi che la Soprintendenza del Mare ha finora effettuato sono stati presentati e discussi durante il V Convegno Nazionale di Archeologia Subacquea che si è tenuto a Udine dall’8 al 10 Settembre. Il sito archeologico, regolato dall'ordinanza dalla Capitaneria di Porto di Catania 121/2011, è tuttora visitabile, a condizione di essere in possesso di brevetti tecnici e sotto la guida dei diving center autorizzati dalla Soprintendenza del Mare.

disegno delle anfore: Francesco Carrera
fotografie del recupero: Massimo Ardizzoni

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